Gli insediamenti della comunità cristiana ai tempi di Federico II
Antropologia & Arte

Gli insediamenti della comunità cristiana ai tempi di Federico II

Come si sa, nel XIII secolo, ai tempi di Federico II, a Lucera fu trasferita una folta colonia araba, proveniente dalla Sicilia. I cristiani furono emarginati ed esiliati dai nuovi venuti. Solo con l’avvento dei d’Angiò la situazione cambiò e la comunità cristiana poté far ritorno a Lucera.
In realtà, lo storico lucerino d’Amelj precisa che parte della comunità cristiana, non volendo convivere con gli arabi, decise di portarsi fuori della città, in una località chiamata “Tribuna” (1).
Un altro storico di Lucera, Gifuni, nel mentre denomina diversamente la stessa località, indicandola come “contrada Tribù”, ne precisa la collocazione, ponendola nei pressi di Ponte Gallucci, una costruzione di epoca medievale (2) .
Il d’Amelj, inoltre, riporta una Bolla di Benedetto X, detto XI, in cui si menziona una “Ecclesia Cathedralis” costruita fuori città, molto piccola, situata in un posto non troppo consono. Il nostro storico dice anche che tale chiesa, “secondo la tradizione“, si trovava “nel luogo detto Tribuna” (3) .
Nel complesso si tratta di notizie importanti, che, congiunte all’analisi di alcuni manufatti presenti nella zona, possono permetterci di svolgere alcune considerazioni storiche.
Intanto, un riscontro a quanto riportato dagli storici locali sembra ritrovarsi in una costruzione situata nei pressi di Ponte Gallucci, la quale presenta alcuni interessanti caratteri. Questo edificio si trova in una località che le carte dell’Istituto Geografico Militare (IGM) indicano come “Molino”, in una zona posta in direzione di S. Severo. Fonti popolari confermano l’esistenza di una Masseria “il Molino” nei pressi del torrente Salsola. Ma una conferma ancor più significativa ci viene data da un documento dell’842, conservato negli archivi dei Padri Benedettini di Cava, in cui si menziona “un mulino” in prossimità di un fiume. Lo storico Don V. Di Sabato precisa che “i ruderi” di tale manufatto, fino ad una certa epoca, si trovavano proprio vicino Ponte Gallucci (4).

Se il mulino è stato ormai distrutto, rimane, però, ancora oggi la masseria e, soprattutto, adiacente a questa, si può rinvenire una costruzione, ormai diruta, che, per la sua forma, potrebbe essere stata adibita a luogo di culto. Infatti, l’edificio, tutt’ora visibile nelle sue murature perimetrali, presenta su uno dei lati brevi un andamento concavo, cosa che fa pensare ad un’abside. Da un’analisi dei materiali usati si evince, inoltre, che il manufatto ha subito diverse ristrutturazioni nel corso del tempo, per poi essere abbandonato del tutto in seguito ad un incendio. Sono, comunque, ancora rintracciabili ricorsi murari che appaiono più antichi degli altri, i quali si trovano alla base della costruzione, costituendone le fondamenta. Infine, va rilevata la presenza di un percorso lastricato che fiancheggia, dall’esterno, il lato curvilineo dell’edificio, fatto alquanto strano se si considera che ci troviamo in aperta campagna, in una zona priva di strade strutturate.
In base a questi elementi architettonici e sulla scorta dei documenti citati si può ipotizzare che l’edificio anticamente fosse una chiesa, e, non si può escludere del tutto, che possa essere proprio la Cattedrale costruita in luogo “minus decenti”, extra moenia, in epoca federiciana.
Per completezza, va ricordato anche che, ad uno strato inferiore, per la lunghezza di alcuni metri, si intravede un cunicolo che ha tutto l’aspetto di un’antica conduttura. La vicinanza del torrente e la presenza del mulino rendono plausibile questa interpretazione. Potrebbe trattarsi di una persistenza ancora più antica, riutilizzata nel corso del tempo. Ma solo una eventuale campagna di scavi sul posto potrebbe precisare la sua periodizzazione.
Alla luce di tutto ciò, andrebbe riconsiderata la storia della comunità cristiana in epoca medievale, avvalendosi sia dei documenti antichi, che dell’analisi delle testimonianze rimaste. In linea di massima si può dire che, sicuramente, i cristiani dell’epoca hanno subito una pesante discriminazione, ma non si può pensare che Federico II si sia totalmente dimenticato di loro. Intanto, lo stesso d’Ameli riconosce che l’imperatore “permise” che “taluni Cristiani potesse[ro] rimanere in Lucera” (5), né si deve dimenticare che nella città erano stanziate truppe dell’Ordine Teutonico, cristiane e tra le più fedeli al sovrano germanico. In ogni caso, non è stata mai imposta l’abiura della propria religione, tanto che i cristiani hanno potuto liberamente costruire altrove una nuova chiesa e, finanche, esporre i loro simboli religiosi sul ponte Gallucci, come ancor oggi si può notare. Pertanto, si può pensare che, fuori delle mura, si sia costituita una zona franca, in cui essi hanno potuto esercitare una giurisdizione autonoma.
In definitiva, probabilmente i rapporti tra le due comunità sono rimasti tesi e difficili, poiché gli arabi hanno approfittato di una serie di privilegi che l’imperatore ha dovuto loro concedere per ripagarli del forzato esodo dalla Sicilia. I cristiani hanno, così, subito umiliazioni ed espropriazioni, venendo costretti ad una condizione servile, ma nei loro confronti non credo sia mai stata esercitata una coercizione di tipo religioso, né perpetrata una politica di sistematico annientamento. I cristiani pagavano il prezzo di scelte e di equilibri politici particolari, ma la strategia complessiva di Federico II prevedeva un incontro tra mondo orientale ed occidentale, non il semplice predominio di uno sull’altro, o, peggio, la soppressione di una cultura a favore dell’altra.

Andrea Amato

Il ponte Gallucci visto da Google Maps:

http://maps.google.it/maps?q=lucera&ll=41.525719,15.331678&spn=0.000492,0.001206&oe=utf-8&client=firefox-a&channel=np&hnear=Lucera+Foggia,+Puglia&gl=it&t=h&z=20

Note:

[1] G. d’Amelj: Storia della Città di Lucera. Lucera: Scepi, 1861, p. 170.

[2] G. Gifuni: Lucera. Lucera: T. Pesce, 1934,  ill. n. XIX.

[3] G. d’Amelj: ibidem.

[4] V. Di Sabato: Storia ed arte nelle Chiese e Conventi di Lucera. Foggia: L. Cappetta, 1971, pp. 608-609.

[5] G. d’Amelj: ibidem.

2 Commenti

  • Andrea Amato

    Ringrazio Anna Castellaneta per evermi segnalato altre fonti al riguardo. Condivido anche il suo giudizio sul declino economico e sociale di Lucera nel periodo precedente alla fondazione della colonia musulmana. Sicuramente parte dei lucerini preferirono trasferirsi spontaneamente altrove, mentre alcuni, pochi, cristiani rimasero in città. Pertanto, si dovrebbe spiegare come mai non fu possibile realizzare una compiuta civile convivenza tra le due comunità. In ogni caso, quindi, si dovrebbe parlare di un esilio volontario da parte di molti cristiani. Lo spirito del mio articolo, del resto, è teso proprio a ridimensionare la portata delle eventuali “persecuzioni” subite dai cristiani, pur non negando una loro emarginazione.
    Alessandro Strinati, per amore di polemica, stralcia un rigo dell’articolo e fissa la sua attenzione su un elemento del tutto secondario nell’economia complessiva del testo. L’Ordine Teutonico in Capitanata era sicuramente presente ad Apricena, Foggia, Siponto, Torre Alemanna. Come si vede, molte di queste località non distano molto da Lucera e, dati i rapporti stabilitisi tra l’Ordine stesso e Federico II, non si può escludere una loro presenza a Lucera, specie nei momenti più delicati della storia delll’insediamento saraceno nella città. Ma, a parte ciò, le truppe cui si riferisce lo Strinati comunque professavano la religione cattolica e, quindi, contribuivamo a quel mescolamento di fedi di cui io parlo nell’articolo.
    Vorrei concludere augurandomi che, in futuro, quella che io ho posto come ipotesi possa trovare ulteriori conferme. Una pagina finora oscura di Lucera verrebbe rischiarata sul piano archeologico e storico. Questo mi premeva sopratutto rilevare nell’articolo.
    Ringrazio tutti per l’interesse dimostrato

    • GuglielmoDeParisio

      Gentile dott. Amato,
      ho avuto modo di interloquire con il prof. Jean Marie Martin in quel di Roma e mi ha confermato che i teutonici della Cronaca dello Jamsilla non sono probabilmente quelli dell’ordine – che comunque erano presenti sul territorio di Capitanata – , ma con alta probabilità sono veri e propri tedeschi. Sarebbe interessante comunque approfondire la questione con ulteriori studi

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